Mangiafuoco, Forma e Figura, Simon Mago su Blogfoolk

Eclettico polistrumentista e ricercatore, il cremonese Fabio Turchetti nel corso della sua ventennale carriera, oltre a pubblicare numerosi dischi, è riuscito a radunare intorno a sè numerosi musicisti con i quali ha dato vita nel 2004 all’attivissima etichetta il Consorzio Produttori Cremonesi, con cui ha esplorato quasi ogni stile musicale spaziando dal jazz alla musica tradizionale italiana, fino a toccare la canzone d’autore e la musica antica. Tra i tanti dischi pubblicati in questi anni, tre in particolare hanno avuto grande apprezzamento da parte della critica ovvero “Mangiafuoco”, “Forma e Figura” e “Simon Mago”, tutti legati dalla comune caratteristica di coniugare ricerca musicale attraverso le radici popolari, il jazz e la sperimentazione, raccontando delle storie attraverso le sette note.

Pubblicato nel 2008 “Mangiafuoco” raccoglie nove brani strumentali, immaginati dall’autore come se fossero la colonna sonora di una festa di paese, ispirata alle fiere di Castelporzone, piccolo comune del cremonese noto per la produzione di corde, e nel quale si riversavano zingari, mercanti, girovaghi e commercianti di cavalli. Intorno a Turchetti che si destreggia tra organetto e bandoneòn, a formare un quintetto, alcuni eccellenti musicisti come Gianni Di Benedetto (sax soprano e tenore), Pietro Triolo (cornamuse e flauto), Antonio Magnatta (vibrafono e marimba) ed Enzo Frassi (contrabbasso), che contribuiscono a caratterizzare l’atmosfera dei vari brani che si alternano tra momenti in cui predomina la tradizione e altri in cui prende più piede il jazz. Protagonista dei primi è senza dubbio l’atmosfera da danza popolare, data dall’intreccio tra l’organetto di Turchetti e la cornamusa di Triolo, su cui si innesta il sax suonato da Di Benedetto. Ancor più affascinanti ed evocativi sono i brani jazz in cui Turchetti imbraccia il bandoneòn, che si caratterizzano per atmosfere più meditative in cui il vibrafono e il fluato tessono splendidi spaccati sonori come nel caso de “Il Paese della Nebbia”. Chiude il disco a sorpresa l’unico brano cantato del disco il tradizionale Il Ciocco Della Frusta, con ospiti I Giorni Cantati di Piadena in cui brilla ancora una volta il sax di Gianni Di Benedetto.

Altrettanto bello ed affascinante è Forma e Figura, dedicato alla riscoperta delle tradizioni musicali della provincia di Cremona, ed in particolare alla Val Boreca in cui è ancora in uso il piffero delle quattro province, ovvero un ancia doppia molto vicina all’oboe e simile alla ciaramella. Le strutture musicali dei singoli brani si muovono su due livelli, una in cui sono più forti le atmosfere folk che rimandano alle musiche da ballo e l’altro in cui predomina l’aspetto jazz, il tutto con bandoneòn di Turchetti in grande evidenza e in continuo dialogo con il piffero suonato da Francesco Nastasi, la tromba di Gianni Satta e il sax di Alberto Venturini. Durante l’ascolto brillano brani come “Dormi Sotto Gli Alberi”, l’evocativa “Finisterre” e quel gioiellino che è “Lupi Nel Vento”.

Più recente è invece Simon Mago, suite composta da ventidue brevi quadri sonori, incisi con la stessa formazione di Forma e Figura, nati come commento sonoro allo spettacolo teatrale omonimo tratto dal libro di Don Luisito Bianchi. Più volte riscritta ed eseguita con diverse formazioni, quest’opera giunge su disco alla sua versione definitiva, che esalta il concept iniziale di Turchetti, il cui intento era essenzialmente quello di far risaltare il concetto espresso nel libro omonimo, ovvero la gratuità della Fede, partendo dalla continua lotta con la simonia. Spaziando dal folk, al blues, passando per il gospel e la polka, si compone così un paesaggio sonoro in cui prende vita un luogo immaginario (“Karis Topos”) in cui si muovono diversi personaggi come quella Principe di Prince’s Dance, e quella della ballerina “Simonia”, ma è con “Sexy Blues”, “Sychair” e “Il Libro di Giobbe” che si entra nel vivo del disco toccando nel profondo il coraggio della Fede. Chiude il disco Alessandrina, un tradizionale delle quattro province che funge da collante con il disco precedente Forma e Figura. Turchetti con questi tre dischi ha certamente espresso il meglio della sua produzione esaltando la sperimentazione sonora in ambito folk, senza cedere alle facili lusinghe dell’elettronica o dei campionatori ma piuttosto puntando alla musica suonata e all’improvvisazione jazz. Dischi preziosi insomma che non dovrebbero mancare nella discografia degli appassionati di musica trad e world.

Salvatore Esposito su Blogfoolk

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