Tre modi per dire rumba

Ringraziamenti:

Enzo Frassi e Paolo Mauri prima di tutto
Claudio Zaffanella e Simone Gagliardi per la loro disponibilità
La “Tuna di Malaga” (Andres, Jorge, Augustin, Alejandro, e Xavier)
Paco e Jesus Leon dello Studio Duende
I fratelli Marian e Nicolae Serbian
Il Trio Araguaney (Jaime Vargas,  Ceo Pena e Alexis Rodriguez)
La Famiglia Turchetti (Gioia Zaniboni, Corrado Braga, Aldo Pini, Carlo Giussani, e Alberto Venturini)
Costantin Bogdan
Simona e Davide del quartetto “Matatigre”
Giovanni Guerretti, Fabio Morabito e Fabio Ravasi
Alberto Moglia e Chicco Santini per i testi
Paolo Ceresa per le foto e Giovanni Gaggia per la grafica
1) Tremenda rumba (3′ 15”)
2) L’uomo nero (4′ 15”)
3) Marian (3′ 34”)
4) Finestra sul Tago (4′ 03”)
5) Terézváros (3′ 23”)
6) L’onda giusta (3′ 52”)
7) Turcochalka (3′ 25”)
8) L’eco del mio sorridere (3′ 50)
9) Buena vaina (4′ 12”)
10) La locura (3′ 35”)
11) Dea (4′ 07′)
12) La strada per Zafra (3′ 04”)

Testi e musiche sono di Fabio Turchetti
tranne La Locura (testo di Chicco Santini) L’eco del mio sorridere (testo di Alberto Moglia)

 

I musicisti son pescatori di note, note galleggianti sulla superficie o appoggiate sul fondo del mare che ci suona intorno. Fra loro, c’è chi non ammette d’aver pescato, quando lo si vede tornare con le sporte evidenti; e c’è chi invece ti dice come e perché è andato in quel posto a quell’ora, riempiendo le reti di quella specie. Turchetti fa parte di questa seconda genia, e anche stavolta mette sul bancone una pesca dal sapore chiaro prim’ancora di addentarla. Il disco scorso (alle spalle ce ne son poi altri due) si chiamava “Pura vida”, aveva in copertina una faccia sorridente e una chitarra gialla, e dentro ci si ritrovavano infatti canzoni calde e leggere. Qui il titolo è “Tre modi per dire rumba” e l’amore per i sapori ispanoamericani del quarantenne cremonese si fa sentire ancora più programmaticamente. Tre sono anche le strade su cui viaggiano gli elementi stranieri con cui ha registrato questa dozzina di canzoni: una tuna di Malaga (musicisti dilettanti), due romeni con un cymbalon, un gruppo venezuelano che fa musica llanera. La voce allegra di Turchetti – cui continua a piacere velocizzare la cadenza – ci accoglie così alla sua festa; coctail e piatti han tutti un po’ lo stesso gusto, ma appunto ce lo aspettavamo, c’era scritto sull’invito. Ballando conosciamo la donna, un po’ bambina, un po’ dea, di cui abbiamo sentito tanto parlare nelle canzoni, ma a noi, veramente, piacciono molto di più quel paio di zingari di cui Turchetti ci ha tinteggiato con migliori parole e arrangiamenti più interessanti. Insomma, domattina, smaltita la piacevole sbornia, probabilmente infileremo nel cassetto dei ricordi solo un paio di ritmi (Terézvaros) e la fotografia di Marian “jazzmin… vena che scorre contorta… raggio dentato che macina note sotto di lui, si lascia lontano le cose perché non lo tocchino mai”. Al pescatore consigliamo vivamente di virare su questa rotta.

Giorgia Fazzini in L’isola che non c’era, n. 31, novembre 2003